Saggistica: Il processo di civilizzazione

La civiltà delle buone maniereTitolo: La civiltà delle buone maniere (Il processo di civilizzazione Vol.1)
Autore: Norbert Elias
Editore: Il Mulino
Collana: Biblioteca Paperbacks

Anno: 1939 / 1969
Pagine: 387



Potere e civiltà

Titolo: Potere e civiltà (Il processo di civilizzazione Vol.2)
Autore: Norbert Elias
Editore: Il Mulino
Collana: Biblioteca Paperbacks

Anno: 1939 / 1969
Pagine: 429

Non soltanto l’educazione, il tatto, la diplomazia, l’attenzione ai sentimenti altrui, le buone maniere a tavola, non sono un istinto naturale ma un’acquisizione sociale appresa nel corso del tempo; ma c’è una stretta correlazione tra l’evoluzione delle “buone maniere” e l’evoluzione della forma politica e sociale di una società. Il passaggio dal signorotto feudale autarchico al vassallo tardomedievale, e dal vassallo al cortigiano, e dal cortigiano al dandy ottocentesco, segnano altrettante tappe della trasformazione dei modi del singolo di stare con gli altri e del modo in cui la società viene amministrata.
E’ questa la tesi di Norbert Elias, sociologo e storico che applica la sociologia alla storia.

La civiltà delle buone maniere e Potere e civiltà sono le due parti, pubblicate separatamente, di un’unica opera – Il processo di civilizzazione – in cui Elias si propone di studiare l’evoluzione della società dal Basso Medioevo alla fine dell’ancien régime (con qualche piccolo excursus nell’Ottocento e nella belle epoque).
Possono essere lette separatamente, ma insieme creano un’unico quadro coerente. Inoltre, seguire il discorso che Elias sviluppa in Potere e civiltà è più semplice se prima si è letto l’altro tomo.

Uno sguardo approfondito
In La civiltà delle buone maniere, Elias studia com’è cambiata nel corso dei secoli l’etichetta dello stare a tavola, dello sputare, del fare i propri bisogni, del controllo della rabbia, e soprattutto il modo in cui queste regole vengono progressivamente assimilate dagli uomini dell’epoca. Elias muove da esempi concreti, e passa molte pagine a citare stralci di galatei d’epoca sui più svariati argomenti: dal consiglio di un autore medievale di non scaccolarsi con le mani sporche di cibo, di sputare il cibo addosso agli altri commensali e di non sdraiarsi sulla tavola durante il pranzo, a raccomandazioni, datate alla fine del Cinquecento, di non fare la cacca in presenza di altre persone e soprattutto di non farla negli androni o davanti alla stanza delle donne, ma in un luogo appositamente predisposto. Usanze che trovano conferma in altre letture che ho fatto: per esempio Cipolla, in Storia economica dell’Europa preindustriale, ricorda come, ancora alla fine del Cinquecento, i palazzi di molti lord inglesi avessero spesso i pavimenti insozzati di escrementi, non solo animali.

Galateo di Tannhauser

Commentando questi galatei, Elias fa alcune osservazioni più generali: per esempio, che oltre al tipo di raccomandazioni, nel corso dei secoli cambia anche il registro degli autori di galatei, passando dall’ammonizione formale (“non fare così”, “chi fa così è schifoso”, “quello sarebbe meglio non farlo” ecc.) a un tipo di ammonizione che tiene conto dello sguardo degli altri (“se farai così sarai disprezzato”, “fai così e cosà o il biasimo ricadrà su di te”, “per non doverti vergognare fai così”, ecc.); e dal rivolgersi agli adulti, al rivolgersi ai bambini (perché si presuppone che gli adulti abbiano già imparato come comportarsi). Questa analisi porta Elias a concludere che, aldilà degli specifici divieti e obblighi che i galatei via via impongono, l’evoluzione delle buone maniere va in un’unica direzione: quella dell’aumento dell’autocontrollo, del tenere a bada i propri istinti e le proprie emozioni per non urtare gli altri, dell’imparare a osservare gli altri. Come mai?
Perché, dal Medioevo a oggi, ciò che è andato sempre aumentando è l’interconnessione tra le persone, e quindi la necessità di relazione e collaborazione tra individui aldilà dell’uso della forza bruta. Il signorotto bannale del XII secolo vive in relativa autonomia; i suoi obblighi sociali non vanno aldilà del rispetto e del riconoscimento della superiorità del suo signore (posto che ne abbia uno e il suo potere non sia del tutto autarchico), e una certa dose di cameratismo nei confronti dei suoi uomini. Soprattutto, ciò che gli dà potere e autorità è la forza militare di cui dispone. Non deve essere particolarmente educato. Un cortigiano francese nell’età del Re Sole, al contrario, non dispone più di alcun potere militare, deve il mantenimento della sua posizione al suo rapporto personale col sovrano e con la corte: è quindi essenziale, perché mantenga intatto il suo prestigio, che sia bene educato, che si comporti bene; e quindi, che impari a controllare il proprio comportamento.
Contemporaneamente, la buona educazione diventa uno strumento di potere e di distinzione. I nobili si fanno forti delle loro buone maniere e del loro buon gusto per distinguersi dalla plebe, e soprattutto da quella parte della borghesia (come la nobiltà di toga francese) che minaccia il suo status politico; al contempo la cerchia più vicina al re, quella dei Grandi aristocratici, elabora arbitrariamente maniere sempre più raffinate per creare una distanza tra sé e il resto della nobiltà; e allo stesso modo, la borghesia si affanna per distinguersi dal popolino, copiando il galateo della nobiltà e ostentando atteggiamenti aristocratici.
Questo processo di raffinazione del comportamento porterà in certi ambienti a degli eccessi, soprattutto alla fine dell’ancien régime e nell’Ottocento, come la negazione dei bisogni corporali, di cui non si deve far parola, o l’esagerato pudore sessuale (ricorda Elias che ancora nel Cinquecento era cosa assolutamente normale parlare di sesso, puttane and the like, anche ad un bambino; il problema di “cosa rispondere se tuo figlio ti chiede come nascono i bambini?” non esiste prima dell’Ottocento).

Galateo di Erasmo da Rotterdam

Potere e civiltà assume una prospettiva più ampia. Qui Elias parla delle trasformazioni socio-politiche avvenute in Europa tra il Mille e la fine del Medioevo, muovendosi su due piani: quello macropolitico, in cui spiega l’evoluzione dei rapporti tra il potere centrale del monarca e i poteri locali dell’aristocrazia feudale; e quello microsociale, dell’evoluzione dello stile di vita e dei vincoli sociali del signore medievale.
Per esempio, Elias nota un meccanismo costante delle società premoderne: a un periodo di forte centralizzazione del potere (per esempio sotto un grande condottiero, e/o sotto la pressione di pericoli esterni) subentrano sempre periodi di disgregazione, in cui i subordinati del sovrano si rendono sempre più autonomi dall’autorità centrale. Questo perché, in una società con scarsa circolazione monetaria, il favore del sovrano nei confronti dei suoi fedeli deve prendere perlopiù la forma dell’assegnazione di terre, sotto forma di donazione, o trasformando il fedele in un funzionario col compito di amministrare un territorio. Ma l’assegnazione di terre, per sua natura, fa sì che il fedele si allontani dal sovrano e diventi sempre più autonomo, un piccolo re nelle terre che ha ricevuto.
Periodi di forte minaccia dall’esterno possono rinsaldare i principi territoriali sotto l’egida del sovrano, come accadde tra i principi germanici sotto Enrico l’Uccellatore e Ottone I, ai tempi della rivincita contro gli invasori Ungari; al contrario, periodi di calma alimentano i conflitti interni e le spinte disgregative dei signori feudali minori. Il meccanismo può spezzarsi solo quando, grazie a all’aumento del traffico commerciale (e quindi della circolazione della moneta) e al progresso tecnologico, il sovrano può progressivamente fare a meno dell’aiuto dei suoi vassalli (per esempio convertendo il servizio militare che gli devono in un prelievo di denaro, con cui il re pagherà propri mercenari). Sul lungo periodo, questo permetterà ai sovrani più accorti di appropriarsi delle prerogative militari della milizia feudale, fino a esautorarli completamente di qualsiasi potere e di fare della forza bruta un monopolio dello Stato. Elias sfrutta questo modello per spiegare il diverso destino della Germania e della Francia nel corso del Medioevo.

Galateo tedesco del Cinquecento

I cambiamenti politici si riflettono in un cambiamento dello stile di vita del nobile. Mano a mano che perde potere militare e che la sua corte e il suo castello diventano nient’altro che una “provincia” del monarca o del principe territoriale, il nobile deve scegliere tra una vita oscura e in povertà nelle sue terre, o l’andare alla corte del re e mettersi nelle sue mani. Poiché il potere militare è concentrato nelle mani dello Stato, l’unico modo per un nobile di fare carriera, è quello di conquistarsi il favore del re, salire di rango attraverso buoni matrimoni, intessere alleanze con altri nobili.
Come il cavaliere medievale si faceva strada dimostrando capacità e valore militare, distinguendosi ai tornei e nella caccia, ora che la forza bruta è inutile il cortigiano deve imparare l’arte del ben parlare, l’arte di fare buona impressione in tutte le occasioni sociali – quindi a tavola, nella conversazione, ai ricevimenti, eccetera – insomma, le buone maniere. Per capire se si sta comportando bene, se è rispettato, se è stimato, per capire chi sono i suoi potenziali amici e i suoi potenziali nemici, per capire quali sono i sistemi di alleanze a corte, per capire tutto questo, insomma, il cortigiano deve imparare a studiare gli altri, intuire quello che pensano osservando il loro comportamento esteriore, e deve imparare a osservare sé stesso per capire se e dove sbaglia, se si sta comportando in modo elegante, eccetera.
Il duca di Saint-Simon si vantava di poter capire da un solo gesto o dal tono della voce di un interlocutore, se presso quella persona era ancora in favore o era caduto in disgrazia. Chi non ci riesce, chi non ne è in grado, viene allontanato, perde la partita – così come nel Medioevo un cattivo condottiero o un nobile incapace di andare a cavallo diventavano oggetto di scherno e fonte di disonore per la propria famiglia.

Stans puer ad mensam

Educazione, galateo, autocontrollo, analisi di sé e degli altri, sono dunque tutte acquisizioni dettate da condizioni materiali. E’ questa la lezione di Elias.
Ed è solo la punta dell’iceberg. I due libri di cui ho parlato sono densissimi di informazioni e teorie, dalla moltiplicazione del numero di posate a tavola a come le costrizioni sociali nel tempo diventino autocostrizioni dell’individuo, da come nel Basso Medioevo i cavalieri si siano espansi fuori dall’Europa per accasare i figli senza dilapidare le proprie terre alla strategia dei primi Capetingi per sottomettere i signori feudali confinanti. Io ho riassunto soltanto alcune delle idee più importanti, quel tanto che potesse bastare a farvi venire l’acquolina in bocca.

Non c’è bisogno di particolari conoscenze pregresse per leggere i libri di Elias, anche se un’infarinatura di storia medievale non farebbe male. Per quanto leggere le cose schifose che nel Medioevo facevano anche i principi sia spassoso, poi, bisogna ammettere che la lettura non è facilissima. Ad ostacolarla c’è innanzitutto una certa pesantezza tedesca, unita alla tendenza – altrettanto tedesca – di infarcire il testo di termini inutilmente tecnici e di frasi contorte. Inoltre, il fluire delle idee di Elias non è sempre limpido; e nonostante i due libri siano strutturati in capitoli, gli capita stesso di saltare da un argomento all’altro, di riprendere un tema di cui aveva già parlato pagine prima e poi di mollarlo di nuovo, e così via. Di conseguenza, capita spesso di dover rileggere più volte una frase o un periodo mentre si pensa: “Ma che cazzo sta dicendo?”.
Questa macchinosità è compensata dalla tendenza di Elias a fare spesso il punto, a ricapitolare la situazione, e a ripetere i punti cardine del suo pensiero sino all’ossessività. Anche se non capite un passaggio, andate avanti, resistete: sicuramente dopo cinque, dieci o venti pagine ne parlerà di nuovo, possibilmente in modo più chiaro. A forza di ripetizioni anche il lettore più scemo assimilerà il grosso delle informazioni; e vi troverete facilmente a dire: “Sì, ho capito, basta! Passiamo al prossimo argomento, ti prego!“.
Se deciderete di leggerli, saltate la Prefazione de La civiltà delle buone maniere e cominciate dall’Introduzione a pag.101. La Prefazione è stata pensata per gli addetti ai lavori, parte dal presupposto che si conosca già il resto dell’opera ed è un’occasione per Elias per rispondere alle critiche mossegli da alcuni colleghi. Leggerla è faticoso e inutile.

Galateo di Giovanni Della Casa

Il processo di civilizzazione è un’opera tanto interessante per i curiosi di storia e sociologia, quanto utile per uno scrittore. Intanto perché dà una serie di informazioni pratiche sui costumi dell’epoca, dal modo di mangiare al livello (piuttosto basso) di pudori corporali e sessuali del periodo medievale e rinascimentale. Il che non significa che ogni civiltà medievaleggiante debba avere quel preciso livello di pulizia ed educazione e pudori: sappiamo che, nella stessa epoca e con una simile organizzazione sociale, i giapponesi erano molto più puliti degli europei. Significa però che lo scrittore deve sempre tenere a mente il rapporto tra costumi e condizioni materiali e sociali di vita; e in ogni caso, presentare il protagonista (o magari una bella donna) che fa la cacca nella sala comune mentre discute amabilmente col resto del party potrebbe aggiungere un tocco di realismo alla storia ^-^
Soprattutto, opere come questa sono utili perché danno all’aspirante scrittore una serie di nozioni teoriche di base, diciamo un’infrastrutturale mentale, che facilita il lavoro di worldbuilding e può renderlo più credibile. Certo, non sempre le elaborazioni teoriche di Elias sembrano discendere in modo convincente dalle informazioni empiriche, e il suo modello non riesce a spiegare tutto (per esempio non spiega, se non in modo imperfetto, l’allentamento dei costumi e della morale sessuale nel Novecento né la rivoluzione sessuale della fine degli anni Sessanta – d’altronde quest’opera è stata scritta trent’anni prima del ’69!); ma molti capisaldi del suo pensiero sono difficilmente discutibili.
Quindi, dateci un’occhiata!

Bonus Track: La società di corte
La società di corteAutore: Norbert Elias
Editore: Il Mulino
Collana: Biblioteca Paperbacks

Anno: 1969
Pagine: 377

Di Elias ho anche letto quest’altro libro, che in sostanza riprende teoria e impostazione generale de Il processo di civilizzazione per applicarla a un caso concreto: la vita di corte francese sotto il regno di Luigi XIV e dei suoi due successori. Dall’architettura delle case di città dell’aristocrazia parigina al rituale mattutino della vestizione del Re a Versailles, dall’evoluzione dell’etichetta di corte nei due secoli dell’ancien régime alle conseguenze politiche della Fronda, Elias inserisce tutto nel suo quadro teorico. Scopriamo così come un rituale, creato da Luigi XIV per assicurarsi il controllo della nobiltà di corte e la distruzione in loro di qualsiasi forma di autonomia, si trasformi nel tempo in una macchina che vive di vita propria, ormai odiosa a tutti e agli stessi Re successivi a Luigi XIV, ma che nessuno è più in grado di fermare.
Il libro ha gli stessi pregi e difetti stilistici delle altre opere di Elias. A chi interessasse l’argomento della corte francese del Seicento, o in generale del funzionamento di una corte assolutistica, consiglio di leggerlo in aggiunta agli altri.

Tabella riassuntiva

Unisce una visione di ampio respiro con l’attenzione ai dettagli concreti. A volte le teorie generali schiacciano i dati specifici.
Una teoria che mette insieme evoluzione dei costumi ed evoluzione politica. Stile pesante, termini tecnici inutili.
Leggere le schifezze che facevano nel Medioevo è divertente!

6 risposte a “Saggistica: Il processo di civilizzazione

  1. Ottimo lavoro amico, sei meglio di un bigino. (Esistono ancora o è pura archeologia scolastica?:-)

  2. Mi hai fatto venir voglia di leggere il Galateo di Giovanni della Casa. xD (difatti l’ho legalmente scaricato)

    ===
    Il libro ha gli stessi pregi e difetti stilistici delle altre opere di Elias. A chi interessasse l’argomento della corte francese del Seicento, o in generale del funzionamento di una corte assolutistica, consiglio di leggerlo in aggiunta agli altri.
    ===
    Tanto per riprendere il rant discorso sul Mulino, ho avuto la conferma che la maggior parte dei saggi, e anche dei “manuali”, editi Il Mulino, non vanno mai a fondo, costituiscono più un punto di partenza – superficiale o approfondito -, ma non mi pare siano mai esaurienti.
    Mi sbaglio? Forse con storia e sociologia è diverso?

  3. Tapiro, hai letto “Armi, Acciaio e Malattie” di Diamond?

  4. Mi hai fatto venir voglia di leggere il Galateo di Giovanni della Casa. xD (difatti l’ho legalmente scaricato)

    Io ho il potere ^-^

    Tanto per riprendere il rant discorso sul Mulino, ho avuto la conferma che la maggior parte dei saggi, e anche dei “manuali”, editi Il Mulino, non vanno mai a fondo, costituiscono più un punto di partenza – superficiale o approfondito -, ma non mi pare siano mai esaurienti.
    Mi sbaglio? Forse con storia e sociologia è diverso?

    Ti sbagli.
    C’è molta varietà tra i libri del Mulino. Alcuni, come La guerra nel Medioevo di Contamine – di cui ho parlato qui – sono introduttivi all’argomento (e del resto si gioca a carte scoperte: come puoi aspettarti che in 400 pagine qualunque storico possa esaurire l’intero argomento di come si faceva la guerra nel Medioevo?). Altri sono più specialistici, e molto, molto dettagliati, come La santità nel Medioevo di Vauchez – di cui ho parlato qui – o Cavalieri e cittadini di Maire Vigueur. Poi c’è anche qualche libro-ciofeca, ma sono pochi.
    Il caso di Elias è ancora diverso, perché vuole essere più un libro di teoria sociologica che un’opera storica. Il taglio è quello dello studioso audace che vuole proporre una teoria nuova; per farlo analizza il materiale storico, ma al centro del riflettore c’è la teoria di Elias, non il Medioevo in quanto tale.
    I libri del Mulino, comunque, sono tra i migliori che puoi trovare in italiano.

    Tapiro, hai letto “Armi, Acciaio e Malattie” di Diamond?

    Sì.
    Un paio di cose mi hanno lasciato perplesso, ma in generale lo trovo un libro fikissimo, e penso che ogni aspirante scrittore dovrebbe leggerlo per migliorare il proprio worldbuilding.

  5. Ottimo, che l’ho ordinato ieri l’altro.

  6. Articolo fantastico, grazie 1000 Tapirullanza !

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